L’approccio scelto può sembrare semplice e, se vogliamo, non molto originale.
Tuttavia calandolo nel contesto rappresenta una vera a propria “rottura di schema”. Laddove ci si attende che ogni decisione o soluzione arrivasse dal vertice e si sta molto attenti a circoscrivere i propri ambiti di azione, a non condividere informazioni, a non fare cose che non siano di stretta competenza anche se fluidificano il processo, è stato chiesto più di uno stravolgimento:
– pensare in ambito territoriale diverso, per cui se telefona un’impresa viene servita, ovunque io sia;
– concepirsi come parte di una squadra più grande per cui la partita non si gioca solo nella mia porzione di campo ma ho il compito di aiutare il mio compagno a fare goal;
– rovesciare l’approccio top down mettendo in campo le proprie competenze e conoscenze e la propria proattività;
– imparare a muoversi negli spazi di autonomia del proprio ruolo, diventando confidenti nelle proprie capacità e assumendosi le responsabilità;
– abbandonare la propria zona di confort per iniziare a lavorare per progetto e a ragionare per obiettivi;
– conoscere anche il lavoro degli altri, il loro approccio al medesimo argomento, scambiare idee e soluzioni, dare fiducia e riceverne;
– soprattutto avere coscienza di qual’è la partita, piccola o grande, che la mia squadra sta giocando in questo momento, di qual è il ruolo che mi viene chiesto di giocare e scegliere se giocarlo o meno
L’auspicio è che ciò alimenti sempre più il senso di appartenenza ad un ente nuovo, favorisca una visione più ampia della singola azione, consenta di acquisire la consapevolezza che nessuno è una monade ma stiamo affrontando il cambiamento e la fatica che ne deriva con un approccio sistemico che viene spiegato e reso noto ogni volta.
La comprensione crescente del significato del proprio ruolo nel nuovo contesto organizzativo porterà ad un maggiore coinvolgimento che consentirà di modernizzare molti processi a vantaggio del sistema economico locale e anche del benessere organizzativo nell’ ente.