Barbara Rosini

Dirigente scolastico
AUTOCANDIDATURA
Istituto Istruzione Superiore Polo L.Bianciardi
Istituzioni scolastiche - Università e Centri di ricerca
SITUAZIONE DI PARTENZA

Sono titolare presso il Polo Bianciardi dal 1 settembre 2021. Al mio 26esimo anno di servizio come dirigente ho deciso che era il momento di cambiare ed ho scelto una scuola superiore caratterizzata da indirizzi particolari quali liceo artistico, liceo musicale, liceo coreutico oltre che grafico pubblicitario, servizi commerciali e corsi serali, perchè sentivo la necessità di misurarmi con una realtà diversa. L’Istituzione è molto complessa sia per numero di indirizzi, che per la quantità dell’utenza e del personale dipendente. L’Istituzione è Polo per la formazione provinciale del personale, Centro Territoriale per l’Inclusione e Sportello Autismo, funzioni che comportano una continua relazione con le scuole del territorio. Ho dedicato i primi tre mesi dall’inizio del mio mandato ad un’attenta osservazione del modo di lavorare, delle relazioni esistenti, degli equilibri interpersonali, dell’esercizio dei ruoli ricoperti in continuità con gli anni precedenti. Ho letto tutti i documenti che descrivono le caratteristiche dell’istituto, la sua progettazione, gli obiettivi che sono stati posti nel breve, medio, lungo periodo (PTOF, RAV, PDM). Ho raccolto ogni informazione utile a comprendere lo “stile” della scuola, per trovare corrispondenza/affinità con il mio. Ho scoperto una scuola molto vivace dal punto di vista progettuale, in continuo fermento, pronta ad accogliere ogni proposta volta ad arricchirne l’offerta formativa, ma allo stesso tempo ingessata da un eccesso di gerarchie che rallentano la realizzazione delle attività. Questo in particolar modo nella gestione amministrativa, dove gli incarichi assegnati hanno determinato nella percezione del dipendente un limite, più che una risorsa, nel senso che ciascuno ritiene il proprio settore di lavoro chiuso da un “filo spinato” che non consente nè di far entrare informazioni, nè farle uscire. Ognuno è referente di se stesso e questo ha determinato la cristallizzazione dei comportamenti di ciascuno, deresponsabilizzando chi non si sente direttamente “incaricato” di quelle specifiche mansioni.

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COSA È STATO FATTO
Per poter intervenire con un’azione efficace di riorganizzazione dei servizi amministrativi, è stato necessario far emergere quali fossero i bisogni individuali, e quindi dell’organizzazione, per poter pianificare un intervento di innovazione realistico e con buona probabilità di produrre un risultato. L’osservazione dell’operato delle assistenti e della DSGA aveva messo in evidenza la mancanza di hard skills, ma non metteva a fuoco i bisogni concreti delle impiegate cui cercare di dare una risposta per migliorare. Ho ritenuto di mettere in atto un approccio partecipato ai problemi, evitando che si creassero sacche di resistenza o atteggiamenti di superiorità che avrebbero impedito una proficua comunicazione fra di loro. Assegnare a ciascuna di loro degli specifici ambiti di
competenza, aveva evidenziato la sua limitatezza, avendo quale prima conseguenza il lavoro per compartimenti stagni, abitudine cristallizzatasi nel tempo e assunta quale giustificazione della mancanza di comunicazione e condivisione dei problemi.
Analizzare in modo più dettagliato i bisogni emergenti, significava quindi generare la
possibilità di stimolare e supportare l’innovazione. Era necessario focalizzare
l’attenzione sia su bisogni normativi, che relativi, che espressi e percepiti, in questa situazione, interdipendenti. L’ufficio non percepiva, il gap tra le richieste di servizio dell’utenza e quello realmente offerto, avendo perso il senso del disegno generale, né era in grado di individuare i propri bisogni latenti.
Ho quindi deciso di procedere secondo il seguente ordine di azioni:
1) raccolta dei fabbisogni del personale assistente amministrativo e del dsga;
2) individuazione di un caso critico sul quale ragionare e riflettere insieme;
3) analisi delle evidenze emerse con sistematizzazione delle fasi critiche e proposte di
soluzioni concrete;
4) ridefinizione di tutte le operazioni per portare a termine il processo preso in esame;
5) individuazione di modalità strutturali di condivisione quali focus group o colloqui ad
personam;
6) strutturazione di una modalità di approccio ai problemi, condivisa da tutti, in cui
ciascuno ben comprendesse l’importanza del proprio ruolo nell’organizzazione.
ADERENZA AL PREMIO

Per poter agire un cambiamento sull’organizzazione della scuola ho ritenuto necessario ragionare in una logica di processo bottom-up, focalizzando gli obiettivi concreti da raggiungere, condividendoli, attraverso la mappatura di quelli principali che erano risultati essere maggiormente critici. Si tratta di focalizzare l’attenzione sui processi primari della scuola che hanno un impatto sulla soddisfazione degli stakeholders e sui processi di supporto, che creano le condizioni per l’erogazione del servizio. Non ho ritenuto necessario necessario un approccio meccanico, ma comportamentale in cui l’identità, la creatività, la capacità di auto ricostruirsi degli individui costituiscono variabili determinanti il cambiamento. La logica di “risparmio” della pubblica amministrazione per cui ope legis vengono ricoperti ruoli strategici da personale che non ha la minima competenza, causa vuoti nell’operatività degli uffici, difficilmente colmabili, poichè sempre più spesso gli organici delle scuole, sia nell’amministrazione che nella docenza, sono costituiti da persone prive di specifiche competenze. Non esiste una selezione basata sulle conoscenze, motivazione, nè tantomeno potenzialità di sviluppo: il personale viene assunto tramite graduatoria, alla quale chiunque può avere accesso, purchè in possesso di un diploma. Quando l’impiego pubblico diventa una seconda scelta, in attesa di qualcosa di meglio, è frequente avere personale demotivato e disinteressato al funzionamento dell’ente. Su cosa fare leva quindi ? Quali sono le risorse su cui impostare una strategia verso il miglioramento e l’innovazione? La formazione è sicuramente una leva fondamentale per far crescere il personale, intesa sia con modalità tradizionali, laddove si debba strutturare una conoscenza, sia principalmente on the job in cui le persone sono più partecipi attraverso lo scambio ed il confronto con i colleghi. Se, attraverso l’acquisizione di competenze si diventa consapevoli anche dei propri limiti, ma si è anche sostenuti nella possibilità di una crescita personale, ciò non può che portare un beneficio all’organizzazione, poiché le persone entrano in sintonia con i suoi valori ed obiettivi, sviluppando il senso di appartenenza all’ente.