Negli uffici della Pubblica Aministrazione è in atto da qualche anno un vero e proprio processo di “spopolamento” per raggiunti limiti di età dei dipendenti ma soprattutto per le facilitazioni fornite dal decreto “Quota 100”. Negli ultimi 2 anni, complice la pandemia, più del 10% del personale oggi in forza ai Comuni è giunto al tanto atteso pensionamento.. La spiegazione è semplice, e arriva dall’età media dei dipendenti comunali che ha ormai superato di slancio i 50 anni. La piramide delle età, in tutta la pubblica amministrazione, è rovesciata ormai da tempo; i ritardi nei rinnovi contrattuali dopo il congelamento decennale delle buste paga limano la motivazione. E quota 100 è stata per molti l’occasione per salutare tutto questo e andare a riposo.Nei piccoli Comuni basta un’uscita prima del previsto per far saltare i piani di gestione del personale e moltiplicare i buchi più o meno rattoppati distribuendo interim su determinati settori a personale che si occupa d’altro. Nei Comuni grandi, invece, il quadro è peggiorato dal fatto che negli anni scorsi i limiti al turn over sono stati ancora più stretti, per cui l’organico più ampio non basta a rimediare ai compiti dei diversi uffici che sono sempre più vuoti ma le incombenze restano.. I problemi s sono moltiplicati con il reddito di cittadinanza, che ha posto i Comuni in prima fila in un sistema di controllo sugli aventi diritto , per non parlare poi delle numerose altre incombenze..